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17 novembre 2020

Withholding Tax: compensi ad artisti stranieri

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Con due recenti Risposte l’Agenzia delle Entrate si è occupata ancora una vota della tassazione dei redditi corrisposti da soggetti domestici ad artisti non residenti nel territorio dello Stato.

Con il primo documento di prassi, Risposta n. 493 del 21 ottobre 2020, è stato stabilito che il regime convenzionale previsto tra Italia Svizzera per evitare le doppie imposizioni è applicabile anche per i canoni (i.e. royalties) retrocessi da una società italiana a un artista svizzero, con applicazione, quindi, della ritenuta d’imposta nella misura pattizia del 5%.

Nel caso di specie, la società residente interpellante, si occupa delle attività di produzione, promozione e commercializzazione di fonogrammi/videogrammi e del loro sfruttamento per campagne pubblicitarie e cinematografiche.

L’istante ha in essere un rapporto contrattuale in forza del quale l’artista residente in Svizzera ha ceduto alla medesima i diritti esclusivi di utilizzare le riproduzioni e duplicazioni foniche, ovvero le registrazioni delle sue interpretazioni come cantante, a fronte di royalties calcolate in percentuale sul prezzo dei dischi venduti.

In passato la società ha considerato questi canoni territorialmente rilevanti in Italia, applicando, in qualità di sostituto d’imposta, la prescritta ritenuta alla fonte nella misura ordinaria del 30% sulla parte imponibile in base a quanto previsto dalla normativa domestica.

La società ha ritenuto, invece, non applicabile il più favorevole regime fiscale pattizio ovvero la ritenuta d’imposta del 5%, prevista dall’articolo 12, paragrafo 2, della Convenzione, considerando che detta Convenzione si applicherebbe ai soli “diritti di autore” e non anche ai “diritti connessi ai diritti d’autore”, come quelli nel caso di specie.

Sul tema si sono pronunciati i giudici di legittimità con la sentenza n. 21220/2006, stabilendo il principio secondo cui, ai fini dell’applicazione delle Convenzioni, i diritti di riproduzione fonografica sono da considerarsi categoria diversa dai «diritti d’autore», sia pure risultando ad essi connessi. Da ciò discenderebbe che per l’applicabilità del regime fiscale pattizio è necessario che l’articolo 12 della Convenzione interessata faccia espresso riferimento, in aggiunta ai diritti d’autore, anche ai diritti «connessi» o «similari» «neighbouring rights».

In questo senso si era peraltro espressa in precedenza l’Agenzia delle Entrate con riferimento alla Convenzione tra Italia e Germania con la Risoluzione del 9 febbraio 2004, n. 12/E che ricomprende entrambe le categorie di diritti.

Nella fattispecie in disamina, le Entrate conformandosi a questa interpretazione, concludono nel confermare la validità della richiamata R.M. n. 12/E/2004, ritenendo che le royalties ricevute dall’artista svizzero rilevino ai fini fiscali anche in Italia, ma con applicazione della disciplina pattizia più favorevole prevista dalla relativa Convenzione, atteso che il paragrafo 3 del citato articolo 12 definisce i canoni come «i compensi di qualsiasi natura corrisposti per l’uso o la concessione in uso di un diritto d’autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche, comprese le pellicole cinematografiche e di registrazioni per le trasmissioni radiofoniche e televisive».

Con l’altra Risposta n. 354 del 15 settembre 2020, l’Agenzia delle Entrate è stata interpellata da una Fondazione per la diffusione dell’arte e della musica che nell’organizzare un evento all’estero ha ingaggiato due artisti stranieri comunitari.

A tal fine, la Fondazione ha chiesto chiarimenti in merito al corretto trattamento tributario da applicare ai fini dell’Irpef ai compensi che la stessa dovrà corrispondere agli artisti non residenti per la loro prestazione musicale, atteso che il contratto stipulato con i medesimi prevedeva lo svolgimento di prove in Italia prima dell’esibizione nei concerti da tenersi all’estero.

Più in dettaglio, la Fondazione ha chiesto di conoscere se a prescindere dal numero di “prove” effettuate in Italia, per le quali nessun compenso aggiuntivo è previsto nei contratti, le prestazioni degli artisti in parola, nella sostanza remunerate in funzioni di due recite all’estero, siano considerabili interamente rese all’estero e, quindi, non assoggettabili a tassazione anche in Italia, con conseguente esonero della Fondazione da qualsiasi obbligo come sostituto d’imposta.

L’Agenzia delle Entrate, ha precisato, in sintesi, che in considerazione della previsione dell’art. 23, comma 1 – lett. d) del D.P.R. n. 917/1986, nonché dell’art. 17, par. 1 del modello di Convenzione OCSE per evitare la doppia imposizione, la Fondazione, dietro presentazione da parte dell’artista di apposita domanda corredata dalla certificazione attestante la sua residenza fiscale all’estero, rilasciata dalla competente Amministrazione finanziaria estera, e dalla documentazione comprovante l’effettivo esercizio dell’attività lavorativa all’estero (richiamando a tal fine la datata R.M. n. 762/1977), potrà non operare la ritenuta a titolo d’imposta ai fini dell’Irpef sul compenso corrisposto per le prestazioni artistiche eseguite all’estero.

In chiusura, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato ancora una volta che è facoltà (non obbligo) dei sostituti d’imposta applicare, sotto la propria responsabilità, il regime pattizio più favorevole, significando che qualora la documentazione prodotta dal soggetto estero percipiente i compensi non fosse ritenuta idonea dal fisco in sede di verifica, tutta la responsabilità in termini di omessa ritenuta ed omesso versamento della ritenuta d’imposta, con aliquota ordinaria del 30%, ricadrà in capo al soggetto italiano-pagatore e sostituto d’imposta.

 

 

 

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