5 ottobre 2015
Dividendi black list: Tax Credit a partire dal 2010
Con il recente D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, meglio conosciuto come “Decreto crescita e Internazionalizzazione delle imprese,” in vigore dal prossimo 7 ottobre, è stata attuata, ad opera dell’art. 3, comma 1, lett. e) della disposizione in rassegna, l’integrale modifica del “primo periodo” dell’art. 89, comma 3, del T.U.I.R., che si occupa, tra l’altro, dei dividendi societari.
Attraverso la modifica in disamina, si prevede per le controllanti residenti o sue controllate residenti in possesso di interpello positivo disapplicativo della disciplina CFC Rule, ex art. 167, comma 5 – lett. a) del citato T.U.I.R. (cd. prima esimente: svolgimento di un’effettiva attività economica) un credito d’imposta, ex art. 165 del T.U., sugli utili distribuiti e/o provenienti dalle società partecipate localizzate in Paesi o territori cd. black list, in modo da alleggerire la tassazione integrale di tali dividendi, determinato sulla scorta dei seguenti tre criteri:
- in misura corrispondente alle imposte assolte (a titolo definitivo) all’estero dalla società partecipata sugli utili maturati durante il periodo di possesso della partecipazione;
- in “proporzione” degli utili degli utili conseguiti;
- nei limiti dell’imposta domestica gravante su tali utili.
La disposizione in rassegna prevede che, ai soli fini dell’applicazione dell’imposta, una volta quantificato il credito spettante, lo stesso deve costituire oggetto di variazione in aumento del reddito complessivo di periodo dalla cui imposta viene fatto valere detto credito. Per l’eventuale omissione dell’adempimento appena richiamato si procede d’ufficio, ma senza alcun impatto sulla validità del beneficio de quo.
In proposito, giova segnalare che l’omissione in rassegna potrebbe rientrare tra le anomalie presenti nella dichiarazione dei redditi ed ora risolvibili nell’ambito della procedura amministrativa descritta nel Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate – Prot. 2015/71472 del 25 maggio 2015 (www.agenziaentrate.gov.it/…/Provvedimenti), beneficiando così della riduzione delle sanzioni mediante ravvedimento operoso, ex dall’articolo 13 del D.Lgs. n. 472 del 1997.
E’ stato chiarito che ai fini dell’integrale tassazione in Italia dei dividendi black list rileva la “provenienza” black del dividendo, che si realizza sia nel caso di partecipazione diretta in una società black list che provvede alla distribuzione sia in ipotesi di partecipazione di controllo detenuta indirettamente per il tramite di una o più società estere intermedie (cd. società conduit) localizzate in un Paese o territorio non black listed) che conseguono i predetti utili.
Al ricorrere di tale ultima fattispecie (società conduit non black list), ancorché la norma non fornisce chiarimenti, in ipotesi in cui la Holding intermedia detenga sia partecipazioni in società withe che black list, ai fini della corretta individuazioni degli utili da questa distribuiti alla controllante residente ci viene in soccorso la C.M. n. 51/E/2010, con la quale l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la società intermedia deve documentare, di volta in volta, la provenienza degli utili distribuiti al socio residente. In mancanza di un’adeguata documentazione, si ritengono distribuiti al socio italiano, in via prioritaria e fino a concorrenza, gli utili provenienti da società black list.
Il credito d’imposta introdotto dal D.Lgs. n. 147/2015 in esame, si applica agli utili (e alle plusvalenze), le cui imposte siano state pagate da parte della società controllata a partire dal quinto periodo d’imposta precedente a quello in corso al 7 ottobre 2015. In pratica, il foreign tax credit è ammesso per le sole imposte pagate (cd. criterio di cassa) dalla società controllata a partire dall’anno d’imposta 2010.
La novella normativa lascia al contribuente la scelta di evitare l’integrale imponibilità dei dividendi black list, riservando agli utili analogo trattamento dei dividendi withe list (imponibilità in misura del 5%), se il socio residente ritiene soddisfatta la condizione prevista dall’art. 167, comma 5, lettera b) del T.U.I.R., cioè che dalla partecipazione non è conseguito, fin dall’inizio del possesso, l’effetto di localizzare redditi nella Stato paradisiaco. Tale dimostrazione può essere data, alternativamente, o tramite interpello ovvero in sede di attività ispettiva non essendo più l’interpello obbligatorio.
In ipotesi in cui il contribuente non abbia presentato istanza di interpello o, pur avendola presentata, non abbia ricevuto risposta favorevole, deve segnalare nella dichiarazione dei redditi la percezione degli utili provenienti dalla partecipazione nella società residente in Paesi black list, per i quali si è proceduto all’auto-disapplicatazione del regime di tassazione integrale. In caso di inadempimento, è prevista l’irrogazione della sanzione amministrativa ad opera del nuovo comma 3-ter del D.Lgs. n. 471/1997, pari al 10% dei dividendi con un minimo di € 1.000 ed un massimo di € 50.000.
Appare chiaro che quest’obbligo di natura formale svolge una funzione di “monitoraggio” degli utili (e delle plusvalenze) de qua, con la conseguenza che il fisco in tal modo è in grado di intercettare attraverso un esame “a tavolino” del modello Unico i contribuenti che ritengono di essere in possesso dei requisiti di cui al richiamato art. 167, comma 5, lettera b).
In conclusione, tenuto conto che l’entrata in vigore dell’esaminata norma avvicina la chiusura del corrente periodo d’imposta, in cui si prescrive l’anno fiscale 2010, si impone alle società residenti che detengono partecipazioni black list e in possesso dei prescritti requisiti, di procedere ad una rapida pianificazione dei flussi di dividendi da distribuire, al fine di beneficiare del credito d’imposta in esame per le imposte pagate all’estero dalla controllata almeno a partire dall’anno 2010 di prossima scadenza.