7 luglio 2015
Costi Black list: semplificazioni e rapporti con la disciplina CFC e TP
Lo schema del D.lgs. – attuativo della delega fiscale – approvato dal Consiglio dei ministri il 21 aprile scorso, che ha ricevuto il via libera dalla Commissione bilancio, riguardante l’internazionalizzazione delle imprese prevede, tra l’altro, all’art. 5 una sostanziale modifica al regime di deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi di reddito sostenuti dalle imprese domestiche a seguito dell’acquisto di beni e servizi da fornitori residenti o localizzati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato (il relativo D.M. è stato recentemente riformato per recepire i nuovi criteri introdotti dalla legge di stabilità 2015), previsto dall’art. 110, comma 10, 11 e 12-bis del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR).
In sostanza, l’approvanda normativa introduce un’agevolazione di non poco conto, con l’eliminazione della cd “prima esimente” (esercizio da parte del fornitore black list di un’effettiva attività commerciale) e prevedendo la deducibilità automatica delle predette componenti reddituali, riflettenti operazioni che hanno avuto concreta esecuzione, almeno fino al limite del valore normale dei beni e servizi acquistati, non essendo più la deduzione subordinata ad alcuna esimente. Al contrario, la sola “seconda esimente” che rimarrà ancora in vita ed afferente la “prova” dell’effettivo interesse economico alle operazioni de qua, può consentire la concreta disapplicazione della parte del componente reddituale che, eventualmente a seguito di accertamento, risulti eccedente al predetto valore normale, che dovrebbe essere determinato ex art. 9, comma 3, del citato D.P.R. n. 917/1986. La norma appena richiamata riprende i principi dettati dall’OCSE che in tema di transfer pricing prevede l’allineamento dei prezzi al valore di mercato (at arm’s length principle).
Accezione ampia per i costi black list
Giova ricordare che il concetto di spese e componenti negativi di reddito risulta particolarmente ampio, atteso che come ricordato dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare 26 ottobre 2010, n. 51/E, e come dalla stessa ribadito nel corso della Diretta MAP del 31 maggio 2012, riguarda non solo i costi di acquisto di beni e servizi, ma anche tutte le altre componenti negative di reddito derivanti dalle suddette operazioni. In sostanza, sono attratti dalla fattispecie in rassegna oltre i predetti costi anche gli ammortamenti, le svalutazioni, le perdite su crediti e le minusvalenze.
Anche per questi componenti reddituali sarà, quindi, mutuabile il principio del valore normale entro il quale sarà consentita la deducibilità del relativo componente reddituale.
Esclusioni
Restano escluse soltanto le rimanenze annuali di magazzino, per le quali il fisco ha evidenziato che per motivi di semplificazione, trattandosi di cd. “costi sospesi”, si deve indicare separatamente nel modello Unico il costo di acquisto dei beni e servizi nel periodo di imposta di effettuazione dell’operazione e non nel diverso momento in cui i singoli beni, costituenti rimanenze di magazzino, concorrono effettivamente alla formazione del reddito di esercizio. Attraverso detta indicazione si assolvono in toto nel predetto esercizio fiscale gli obblighi di monitoraggio e segnalazione che la disciplina antielusiva de qua intende tutelare.
Rapporti intercompany
L’articolo 110, comma 12 del D.P.R. n 917/1986, prevede l’inapplicabilità dell’indeducibilità dei costi black list per le operazioni intercorse tra soggetti nazionali con soggetti controllati o collegati residenti o localizzati in Stati o territori black list, per i quali si applica la disciplina (anch’essa in fase di modifica) della cd. CFC rule. Per questi soggetti, ai sensi dei successivi articoli 167 (e 168) se non viene dimostrato almeno una delle due esimenti previste, rispettivamente, la lett. a) o b) (effettivo svolgimento di un’attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nel mercato di insediamento ovvero che dalla partecipazione non consegue l’effetto di localizzare i redditi nei predetti Stati o territori black list), ne consegue che il reddito del soggetto estero partecipato è tassato in Italia per trasparenza in proporzione alla quota di partecipazione detenuta.
La disapplicazione della CFC rule di cui all’art. 167, avviene mediante la presentazione di un interpello preventivo (che diventerà facoltativo) all’Amministrazione finanziaria, ex art. 11 dello Statuto dei diritti del contribuenti per una o entrambe le due esimenti.
La ratio della richiamata inapplicabilità della predetto art. 110 (ndr indeducibilità dei costi black list per le operazioni intercorse tra soggetti nazionali con soggetti controllati o collegati residenti o localizzati in Stati o territori black list) discende dal fatto che il regime della CFC rule è direttamente connesso a quello della indeducibilità dei costi black list. Infatti, ad oggi, qualora la controllante residente non dia la prova quanto meno per l’esimente di cui alla lett. a), ne discende la tassazione per trasparenza del reddito estero, con obbligo di dimostrare una delle esimenti dell’art. 110 per operare la deducibilità dei costi black list indicati nel Quadro “FC” del modello Unico.
In ipotesi, invece, di accoglimento dell’interpello facendo valere anche solo l’esimente della lett. a), la risposta positiva ancorché fornita per la disapplicazione della CFC rule esplica effetti anche ai fini della deducibilità dei componenti negativi derivanti da operazioni con la partecipata black list, così come chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 51/E/2010, par. 9.3.
A seguito delle modifica normativa in parola, nei rapporti intercompany possiamo trovarci in presenza della fattispecie in cui i costi oggetto della presente disamina saranno, comunque, deducibili in base al valore normale (at arm’s length principle) che, considerando il rapporto con parti correlate, dovrebbe assumere una duplice valenza, cioè sia ai fini della predetta black list che della disciplina transfer pricing.