3 maggio 2013
Non si realizza profit shifting in transazioni con consociate in Paesi a fiscalità ordinaria
E’ questa la conclusione cui perviene la Commissione tributaria di Bolzano con la recente sentenza n. 33/2/2013, che ha riscontrato l’assenza di vantaggi fiscali per il gruppo.
In tale fattispecie sembra, comunque, soddisfatto il disposto di cui all’art. 110, comma 7, che impone che le transazioni intercompany siano effettuale nel rispetto del principio del “valore normale” (arm’s length principle).
In sintesi, si riporta che il caso di specie ha interessato una società residente alla quale in sede di controllo fiscale erano stati recuperati a tassazione costi intercompany afferenti:
a) a provvigioni riconosciute alla consociata tedesca sull’acquisto di beni, per la parte eccedente il valore normale;
b) all’intero ricarico applicato ai costi sostenuti per l’acquisto dei predetti beni dalla consociata olandese che a sua volta li aveva acquistati da fornitori extra-Ue.
La società verificata è stata però in grado di documentare, sotto il profilo economico-funzionale, l’effettività dei servizi resi dalle consociate estere, sia per quanto riguarda le provvigioni che per ciò che attiene il ricarico sull’acquisto dei beni di cui sopra.
Inoltre, la società ha altresì evidenziato che l’accertamento operato dal fisco non recasse alcuna menzione circa il “vantaggio fiscale” che la contribuente residente avrebbe conseguito con le transazioni in parola, tenuto conto che anche le altre società del gruppo, parti attive nelle transazioni, non erano residenti in Paesi a cd. fiscalità privilegiata, ma soggette ad un’ordinaria pressione fiscale.
Sulla scorta delle descritte argomentazioni il giudice di merito ha accolto la tesi della società contribuente, in considerazione che dalle transazioni in rassegna non ne è derivato alcun vantaggio fiscale a livello di gruppo.
La sentenza, brevemente commentata, assume di sicuro una certa valenza in quanto ci porta ancora una volta ad una riflessione sulla vera ratio delle vigenti disposizioni antielusive nazionali, ma non solo (si vedano in proposito le recenti indicazioni OCSE – rapporto cd. “BEPS”) in materia di transfer pricing, il cui precipuo fine è quello di contrastare comportamenti patologici, posti in essere dalle imprese multinazionali al solo fine di trasferire profitti in Paesi a più bassa fiscalità (realizzando l’erosione della base imponibile attraverso il cd. profit shifting), e non anche, invece, quello di contrastare operazioni, ancorché poste in essere tra società dello stesso gruppo, che seguono le ordinarie logiche di puro business ancorate, quindi, al normale funzionamento del sistema.